domenica 30 novembre 2008

"Onsen": le terme giapponesi

Si vedono spesso nei cartoni animati: le onsen sono le terme giapponesi, vasche d'acqua calda all'aperto e al coperto, generalmente mete turistiche sia di stranieri che di giapponesi stessi.
Come dice Wikipedia, le onsen usano "acque calde riscaldate geotermicamente, generalmente per fenomeni di origine vulcanica" che spesso hanno proprietà minerali.

La particolarità delle onsen è che non ci si può immergere nell'acqua con il costume, ma rigorosamente nudi e, proprio per questo motivo, nella maggior parte delle onsen, uomini e donne sono separati.

Noi siamo andati in una di queste stazioni termali a Kyoto: non so di preciso la zona perché ci ha portati un amico con la macchina.
In questa onsen, l'ingresso nei giorni festivi e nei weekend è di 1000 yen a persona, (attualmente 8 €) più 200 yen per l'asciugamano se uno non se l'è portato da casa.
Dopo essersi tolti le scarpe all'entrata, siamo andati alla reception dove ci hanno dato un braccialetto contenente la chiave del nostro armadietto. Poi, salutando i maschietti, noi ragazze siamo andate nella sezione femminile, dove ci siamo spogliate e abbiamo messo tutti i vestiti nel nostro armadietto.

Devo ammettere che lì per lì è stato un po' imbarazzante: era la prima volta che andavamo alle terme e non sapevamo bene come funzionava. Essendo poi le uniche occidentali, ci sentivamo un po' a disagio. Per fortuna alcune signore si sono messe a chiacchiera con noi e abbiamo rotto un po' il ghiaccio con l'ambiente. Poi, visto che comunque tutte le persone lì erano nude, ci siamo fatte coraggio e siamo andate verso le vasche.

Grazie alle nostre conoscenze derivate dai cartoni animati, sapevamo che dovevamo lavarci, prima di immergerci nell'acqua.
Ci sono delle speciali postazioni dove ci si siede, ci si insapona da capo a piedi e poi ci si sciacqua con l'apposita tinozza. Dopodiché, si è pronti per entrare nelle vasche.


(Immagine illustrativa trovata su internet)

Con indomito coraggio, mi sono immersa nella prima vasca che ho trovato, accorgendomi troppo tardi che la temperatura di quella vasca era 40,8 gradi!!!
In un primissimo tempo, lo starci è una sensazione piacevole, ma dopo qualche minuto si inizia ad avvertire l'alta temperatura e sembra di stare lì a bollire come un uovo lesso...
Quindi mi sono alzata e mi sono andata a stendere nella parte esterna dove, oltre alle vasche, ci sono anche una sorta di asciugamani per terra.
Anche se quel giorno era freddo, dopo essersi immersi nell'acqua a quaranta gradi, è molto rilassante stare fuori all'aria aperta!

Poi ho provato la sauna. C'erano due tipi di saune: una "soft" e una con i sali minerali. Io ho optato per quella soft, visto che non avevo mai fatto una sauna in vita mia.
Dentro sono resistita... 3 minuti!!!
C'era 70° e mi sentivo svenire! E così, il piano di dimagrire tramite la sauna è andato in fumo...

Poi è stata la volta dell'idromassaggio, ma anche lì l'acqua è caldissima e quindi dopo poco bisogna uscire, altrimenti si sta male.

Prima di andare via, ci si sciacqua di nuovo con l'acqua del rubinetto e poi ci si può rivestire. C'è anche la sala dove ci sono una sfilza di specchi in fila, con tanto di spazzole e phon, per sistemarsi prima di uscire.

Alla fine della giornata ero stanchissima! Eppure non mi sembrava così stancante stare a sguazzare nell'acqua calda...
Per fortuna le onsen sono attrezzatissime e non manca certo il punto ristoro: così se hai perso qualche chilo nella sauna dopo tanti sforzi, puoi benissimo recuperarlo.


Entrata dell'onsen.
Dentro, per ovvi motivi, non ho potuto scattare foto...

sabato 29 novembre 2008

Che vita sarebbe senza...


Nutella!!!

Dopo un lungo girovagare, sono finalmente riuscita a trovarla!
Il negozio si trova vicino Kawaramachi, l'ho trovato casualmente! E' un negozio specializzato in prodotti importati dall'estero: si trovano vini, formaggi, salumi e altri prodotti come dolciumi.
Di italiano ho notato i Baci Perugina e il Pandoro Bauli!
E quanto costava il Pandoro Bauli??
Ben 4.000 Yen, ovvero poco più di 30 euro!!!


La Nutella invece era decisamente più economica... 500 yen, sui 4 euro.
Ho la vaga sensazione che la fabbrichino qui in Giappone perché le etichette sono in giapponese e la confezione è di plastica (mentre da noi è di vetro). Non ho avuto modo di indagare leggendo l'etichetta, ci sono troppi ideogrammi che non conosco!


Comunque, ovunque essa sia stata fabbricata, il gusto è ugualissimo alla Nutella italiana e questa è la cosa più importante!

Ho solo un rammarico... dovrò rinunciare all'idea di festeggiare il Natale con il pandoro!

domenica 23 novembre 2008

Kiyomizudera

Il Kiyomizu-dera è un tempio buddista tra i più famosi di Kyoto ed appartiene al patrimonio dell'UNESCO. Le sue origini risalgono al 798, ma gli edifici attuali sono stati ricostruiti nel 1633.
Il suo nome deriva dalla cascata che gli scorre vicino, infatti "Kiyomizu" significa "acqua pura".


Questo tempio è famoso per la sua veranda che si affaccia su una vallata ed è sorretta da una struttura di legno alta 13 metri. Da qua si può vedere una panoramica di Kyoto che è particolarmente bella in questo periodo, a fine autunno, quando le foglie degli aceri diventano rosse.


Un'altra particolarità del tempio è la cascata Otowa, dalla quale sgorgano tre ruscelli e si dice che, bevendo queste l'acqua che sgorga da queste fonti, si ottenga longevità, salute e saggezza. Forse è per questo motivo che lì davanti c'era una fila impressionante di gente...


Il motivo principale per cui siamo andati al Kiyomizudera di questi tempi era per fotografare questo kōyō, ovvero l'arrossarsi delle foglie degli aceri giapponesi (che si chiamano "momiji").
Purtroppo siamo stati sfortunati perché la giornata non era delle migliori: molto nuvolosa e, in serata, anche piovosa, quindi i colori delle foto ne hanno risentito un po'!


mercoledì 19 novembre 2008

Il palazzo imperiale di Kyoto

Kyoto, essendo stata la capitale imperiale del Giappone per più di 1000 anni, dal 794 al 1867 (prima di Kyoto la capitale fu Nara e successivamente Tokyo), ha un suo palazzo imperiale.
Generalmente, per accedere al palazzo imperiale di Kyoto, bisogna fare una trafila abbastanza noiosa, ovvero andare all'Imperial Household Agency, un ufficio adiacente al palazzo, e richiedere il permesso speciale. Questa settimana però è stato aperto al pubblico e quindi siamo potuti entrare tranquillamente senza dover richiedere permessi o altro.

L'area del palazzo imperiale è circa 110.000 metri quadrati perché, oltre al palazzo, vi sono i giardini aperti al pubblico, anche di notte, un posto ideale per passeggiate, attività fisiche o picnic. Una volta, nell'area attualmente occupata dai giardini, si trovavano molti edifici dove vi risiedevano i parenti della famiglia imperiale e altri nobili ma, dopo che la capitale fu trasferita a Tokyo, vennero abbandonati e gradualmente distrutti.

Per quanto riguarda il palazzo imperiale, in realtà si tratta di una seconda residenza imperiale. Infatti, siccome spesso gli edifici venivano danneggiati da incendi e il primo palazzo imperiale subì la stessa sorte, questo secondo palazzo era stato costruito a 2 chilometri di distanza circa dal primo come residenza temporanea, in attesa della restaurazione degli edifici originari. Dopodiché, questo secondo edificio, chiamato Tsuchimikado-Higashinotoin-dono, divenne il palazzo ufficiale.




Tutta l'area del palazzo imperiale ha ben 6 cancelli di ingresso, ognuno dei quali veniva designato ad una determinata categoria. Ad esempio, il cancello a sud che si chiama Kenrei-mon, era quello principale e serviva per l'imperatore. Inoltre c'era il cancello per i funzionari di corte quello per i nobili e i parenti dell'imperatore e quello per i bambini della famiglia imperiale (vicino agli edifici ad essi designati).

L'edificio principale di tutta l'area è il Shishin-den, dove venivano svolte le cerimonie principali, incluse le incoronazioni e i rituali annuali. Oltre ad essere un luogo importante, ha anche una struttura particolare che appartiene ad uno stile architettonico chiamato Shinden, ed ha il tetto fatto di strati di corteccia di cipresso, rivestiti di paglia. (Con edifici fatti di questo materiale, ci credo che ogni tre per due prendeva tutto fuoco!)


Tecnica di costruzione del tetto

Un altro edificio importante è il Kogosho, a nord est dello Shishin-den. Letteralmente significa "piccolo palazzo imperiale" e veniva usato principalmente per le cerimonie dei principi ereditari. E' una sala famosa perché il 9 dicembre 1867 fu deciso proprio qui di dare inizio alla Restaurazione Meiji, un radicale cambiamento nella struttura sociale e politica del Giappone.

Di fronte al Kogosho c'è il giardino Oike-niwa, la parte del palazzo imperiale che mi è piaciuta di più di tutte. Nonostante non sia visitabile al suo interno, penso che sia bellissimo poterci passeggiare. Dall'esterno si nota con quanta cura è stato progettato in tutti i suoi particolari, dalla disposizione delle rocce al caratteristico ponte che si intravede.


Tra le altre aree del palazzo imperiale, qualcuna più importante altre meno, mi ha colpito una piccola zona quadrata che veniva utilizzata per il Kemari.
Cos'è il Kemari?
Il Kemari è uno sport molto simile al calcio molto popolare in Giappone nel periodo Heian (794 - 1185), che deriva da un gioco cinese, il Cuju. Viene usata una palla di pelle di daino, riempita di cereali e il gioco consiste nel passarsela calciandola senza farla cadere.
Ho trovato su YouTube un video che mostra questo gioco.

Ultima considerazione: gli aceri non sono diventati ancora del tutto rossi! Però ogni tanto si riescono ad intravedere alberi che sono già "arrossiti"...
Spero che dopodomani, quando andrò al Kiyomizudera, luogo famoso per i suoi aceri rossi in autunno, questi alberi mi diano un po' più di soddisfazione! (e più che altro me la dia la macchina fotografica...)


martedì 18 novembre 2008

La mia chawan è arrivata!

Ne avevo parlato in un intervento del 17 ottobre, di ritorno da Shigaraki, città della prefettura di Shiga, dove eravamo in gita scolastica. Essendo Shigaraki una cittadina famosa per le sue ceramiche, ci avevano portato in un laboratorio di lavorazione dell'argilla e ci avevano fatto provare a modellare una "chawan", ovvero una ciotola che ha varie forme e, in base a questo, vari utilizzi, ad esempio per il riso o per il tè verde giapponese.

Le ciotole di nostra creazione non erano propriamente "chawan", perché, nonostante fossimo partiti dal modello base, abbiamo lavorato un po' di fantasia, aggiungendo decorazioni a piacere.

Questa era la mia ciotola appena lavorata:


E questa è la ciotola oggi, come me l'hanno riconsegnata:


Purtroppo non conosco la tecnica di cottura, nè di smaltatura. Non ho la più pallida idea di come possano aver trasformato la mia ciotola mezza sbilenca in questo prodotto finito.

Penso che in fondo sia stato un gesto molto carino quello di portarci a scuola tutte le nostre pessime creazioni. Ancora una volta questi giapponesi dimostrano di essere precisi ed organizzati.
Una nota di merito va anche al dipartimento per le relazioni internazionali, quello che ci organizza i corsi e le gite, perché si danno sempre molto da fare per farci provare esperienze del genere.

lunedì 17 novembre 2008

Arashi ga oka

Domenica siamo stati a visitare il Palazzo Imperiale di Kyoto, però preferisco rimandare questo argomento a domani, perché avrò più tempo per parlarne.

Adesso voglio parlare del mio acquisto odierno.
Siamo andati al Book-Off, un luogo di perdizione. Penso che una persona straniera che sa leggere il giapponese là dentro ci spenderebbe miliardi di yen.
Io avevo già adocchiato un libro da molto tempo, ma ero indecisa se comprarlo o meno, visto che di giapponese aveva solo la lingua in cui era scritto.
Oggi il prezzo stracciato (105 yen, meno di 1 euro), mi ha convinto definivamente.

Il libro si intitola "Arashi ga oka" e questa è la sua copertina:

Eh sì... è proprio quel libro lì... Wuthering Heights! (ovvero "Cime Tempestose")

Non ho proprio resistito, dovevo averlo anche in giapponese!
Ho provato a leggerlo e, fortunatamente, visto che molti pezzi li so a memoria (per vari motivi tra cui la stesura del copione per lo spettacolo teatrale), non è stato molto difficile rintracciare i punti salienti, nonostante non riuscissi a capire la lettura di molti ideogrammi e il senso di alcune frasi.

Riporto qui il passo più famoso di tutta l'opera, in giapponese, ovviamente:

リントン一さんへのあたしの愛情は森の茂り葉みたいないもので、冬が来れば樹の姿が変わるように、時がたてば変わることをあたしはちゃんと知っている。ヒ一スクリフへの愛は地底の氷遠の巌に似て、目に見えなくても、なくてはならぬ喜び源なのでず。ネリ一や、あたしはヒ一スクリフです!

[NB: chi non ha i caratteri orientali installati nel computer, non può visualizzare il testo scritto in giapponese]

Rinton-san e no atashi no aijō wa mori no shigeri ha mitai nai mono de, fuyu ga kureba ki no sugata ga kawaru you ni, toki ga tateba kawaru koto o atashi ha chanto shitte iru.
Hi-sukurifu e no ai wa chitei no eien no iwao ni nite, me ni mienakutemo, nakutewa naranu yorokobi minamoto nanodesu. Neri- ya, atashi wa Hi-sukurifu desu!

Ovvero:

"Il mio amore per Linton è come la vegetazione del bosco: il tempo la cambierà, ne sono ben consapevole, così come l'inverno cambia gli alberi. Il mio amore per Heathcliff invece, è come la roccia sottostante: fonte di scarsa gioia visibile, ma eterna, necessaria. Nelly, io sono Heathcliff!"

[tratto dal capitolo 9]

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E' stato buffo vedere come i nomi sono stati traslitterati in katakana.
Heathcliff viene scritto "Hi-sukurifu"
Catherine Earnshaw "Kyasarin A-nsho-"
Nelly "Neri-"
Edgar Linton "Edoga- Rinton"
Hindley "Hindori-"
Isabella "Izaberu"

Questa è la prova di come i giapponesi adattino al giapponese le parole di origine inglese in un modo abbastanza bizzarro... Infatti, quando provano a parlare inglese usando quasi sempre la loro pronuncia, l'inglese diventa una lingua incomprensibile! Penso che per una persona straniera che non conosce il giapponese, sia più facile capire il giapponese stesso che l'inglese parlato dai giapponesi!

lunedì 10 novembre 2008

Kobe

Era da un bel po' di tempo che non scrivevo sul blog, per motivi vari, tra cui anche poche cose da raccontare, visto che questa settimana è stata una noiosissima settimana di malattia.

Martedì della settimana scorsa a scuola era festa e siamo andati con i nostri amici giapponesi a Kobe, città originaria di uno di loro.

Kobe l'ho conosciuta per la prima volta leggendo il libro di Dacia Maraini "La nave per Kobe, diari giapponesi di mia madre", un libro molto bello che parla dell'esperienza di Dacia e della sua famiglia in Giappone, prima e durante la seconda guerra mondiale.

La prima tappa è stata lo zoo, perché Silvia voleva assolutamente vedere un panda vero.
Secondo me, lo zoo di Kobe è tenuto molto meglio rispetto allo zoo di Kyoto, anche se rimane la crudeltà di tenere in gabbie troppo piccole questi poveri animali.
Almeno il panda non era in una gabbia, ma in uno spazio all'aperto, seppur sempre recintato da un filo spinato.




Poi ci hanno portato in un locale per assaggiare un cibo tipico (ed economico) di Kobe. Gli akashiyaki sono simili ai takoyaki, ovvero hanno entrambi pezzetti di polpo al loro interno, però hanno un impasto leggermente diverso, che assomiglia a quello delle nostre frittate.
Sebbene ce lo abbiano presentato come un piatto tipico di Kobe, solo dopo ho scoperto che in realtà è un piatto tipico di Akashi, un paese ad ovest di Kobe.


Successivamente, speravamo di andare a visitare le case degli stranieri che sono vissuti a Kobe, come ci avevano promesso questi amici giapponesi, e invece ci hanno portato a fare shopping, pensando di farci cosa gradita (quando in realtà a noi non interessava affatto).
Questa zona commerciale (probabilmente la più importante di Kobe) è vicina al porto. Ci sono una serie di gallerie con vari negozi che vendono prodotti tipicamente giapponesi e non.
Ho letto su wikipedia che Kobe è rinomata per essere una delle città più importanti in Giappone per quanto riguarda il mondo della moda e questo forse spiega la grande quantità di negozi di abbigliamento.
La cosa che mi ha colpito è che era già tutto addobato a festa. Ovunque c'erano alberi di Natale e cartelloni con scritte "Merry Christmas". E pensare sono solo i primi di novembre...



Dopo la zona commerciale della città, ci hanno portato a visitare il porto di Kobe, quando era già buio, perché di notte è più bello.
Il porto di Kobe è particolare per gli edifici (dal mio punto di vista) stravaganti che di notte vengono illuminati a giorno.
Il più imponente tra questi edifici è la torre di Kobe, una struttura alta poco più di 100 metri, accanto alla quale trova l'Oriental Hotel, un hotel di lusso dalla struttura bizzarra.



Oriental Hotel

Però, quello che mi ha colpito di più, si trova proprio tra questi due grandi edifici.
E' il Meriken Park, una sorta di piazza che ricorda il terribile terremoto del 1995, 7.3 gradi della scala Richter, che distrusse gran parte della città, causando la morte di 6000 persone.
Per commemorare questo avvenimento, hanno lasciato un pezzo di banchina distrutta e hanno allestito una sorta di mostra permanente dove, con foto e video, vengono mostrati gli effetti di quel terremoto e successiva ricostruzione della città.


Credo che abbiano fatto bene a lasciare immutato questa parte del porto per ricordare il terremoto del 1995. Conoscendo la mentalità dei giapponesi che a volte tendono a cancellare gli avvenimenti tragici o scomodi della loro storia (vedi la vicenda connessa alla bomba atomica, che alcuni vogliono dimenticare), non mi aspettavo che costruissero un memoriale per questo tragico avvenimento della storia di Kobe. A questo punto credo che questo parco non serva tanto per ricordare una vicenda drammatica, quanto la grande forza di questa gente che in pochi anni ha ricostruito tutto come prima.

domenica 2 novembre 2008

Fushimi Inari-Taisha

Se c'è un posto che desideravo assolutissimamente vedere, quello è il Fushimi Inari-Taisha, un tempio shintoista a sud-est di Kyoto.
E' un posto molto famoso ed è soprattutto molto fotografato: nelle immagini delle guide sul Giappone è praticamente onnipresente.
Il tempio si trova ai piedi di una collina, che si chiama "Inari". Inari è il nome del kami (divinità shintoista) della fertilità, del riso e dell'agricoltura, ed è spesso associato alle volpi (kitsune), che sono sue messaggere. Infatti il tempio, essendo dedicato al kami Inari, è pieno di statue di volpi.


La particolarità di questo tempio consiste nel percorso , lungo 4 chilometri, che si snoda fino alla vetta della collina per poi riscendere ed è tutto delimitato da migliaia (ho letto che sono circa 30 mila) torii rossi. I torii sono i portali che indicano l'accesso ad un tempio shintoista e generalmente sono di pietra oppure di legno colorato di rosso vermiglio.
Durante il percorso ci sono tanti piccoli templi dove spesso abbiamo trovato credenti a pregare e dei punti di ristoro con caratteristici ristoranti giapponesi.



E' davvero una bella esperienza percorrere tutto il sentiero che porta fino alla vetta della collina, però non nascondo che sia abbastanza faticoso, essendo quasi tutto in salita. Inoltre, se questo tempio viene visitato nei giorni festivi (come è successo a me), si rischia di trovare tantissima gente che distrae dall'atmosfera suggestiva del luogo.



E' un tempio molto popolare, anche tra i giapponesi. Mi hanno colpito soprattutto due cose:
1) la prima è che, appena siamo arrivati nel tempio principale alla base della collina, c'erano molte famiglie con i propri bambini vestiti col kimono ai quali facevano fare una foto ricordo da un fotografo professionista;


2) la seconda è la quantità di origami a forma di gru appese in una sezione apposita del tempio. E' consuetudine nella tradizione giapponese realizzare "grappoli" di mille gru di carta che vengono portati al tempio per chiedere alla divinità di esaudire le proprie preghiere, come ad esempio guarire da una malattia o superare un esame.



L'aspetto che mi affascina molto dello shintosimo è questa religiosità strettamente legata alle divinità e alla natura, che dal nostro punto di vista occidentale può apparire un po' primitiva perché a tratti ricorda la nostra mitologia. Inoltre noto una serenità nel vivere la spiritualità, anche grazie alla natura che fa da intermediaria tra divinità e uomo, che non trovo spesso nelle nostre religioni, soprattutto nel cattolicesimo, il quale spesso fa uso di immagini cupe e violente (per fare un esempio, la via crucis e tutti i martirii dei santi).

sabato 1 novembre 2008

Il museo dei manga

Siccome in questi giorni in Italia c'è Lucca Comics e sia io che i miei compagni di viaggio siamo parecchio dispiaciuti per non esserci potuti andare, ci siamo consolati andando a visitare il Kyoto International Manga Museum.




Lì per lì sono rimasta allibita dal prato di plastica all'esterno dell'edificio, dove tutti i giapponesi con famiglia stavano allegramente consumando pic-nic.
Siamo entrati e la bigliettaia ha iniziato a parlarci in italiano: una pronuncia non correttissima, ma noi non eravamo proprio nella posizione di giudicare, visto il nostro giapponese penoso. Ci ha chiesto tramite che cosa eravamo venuti a conoscenza di quel museo e io gli ho risposto "Tramite la guida della Lonely Planet" e avrei voluto tanto aggiungere "...che comunque è pessima".

La cosa carina è che la bigliettaia ci ha fatto poi cenno di entrare nel museo, indicandoci la sezione con i manga tradotti in italiano, che alla fine saranno state una ventina di serie (tra cui mi ricordo Berserk e Kimagure Orange Road).

Il museo è articolato su tre piani. C'è uno spazio dove il sabato e i giorni feriali alcuni disegnatori fanno dimostrazioni di disegno stile manga, c'è una sezione per i bambini dove possono mettersi a sedere e leggere, c'è l'area per le conferenze e una sala che racconta la storia di quell'edificio, che prima era una scuola.
La maggior parte del materiale contenuto nel museo sono scaffali pieni di manga. Io mi aspettavo di vedere tavole originali di qualche autore giapponese e invece di tavole originali nemmeno l'ombra. Questa cosa mi ha colpito un po', perché mi sembra un concetto di "Museo del fumetto" molto differente da quello europeo. In tutti i musei e le mostre di fumetto che ho visto in Europa, le tavole originali sono considerate tra le attrattive principali.
Le sezioni più interessanti erano quelle relative alla storia del manga in Giappone e quella sul confronto tra fumetti giapponesi e fumetti francesi. Sono però entrambe poco esaustive e offrono giusto pochi esempi di riviste di fumetti giapponesi in un caso e di fumetti francesi nell'altro.
C'era anche una mostra temporanea sui fumetti che parlano del periodo Heian (come ad esempio il fumetto sul Genji Monogatari, l'opera letteraria giapponese più importante), ma non siamo potuti entrare perché avremmo dovuto fare un biglietto diverso all'entrata.
In conclusione, questo museo non mi è piaciuto molto. Rispetto ad altri musei e mostre su fumetti che ho visto, l'ho trovato poco interessante e soprattutto poco "museo". Mi sembrava di più una "biblioteca a pagamento" dove la gente va giusto a leggere i manga.
Fino ad ora, il migliore museo sui fumetti che abbia mai visto resta quello di Angouleme, in Francia: molto curato negli ambienti, con una scelta di materiale precisa, senza tante cose superflue e in grado di proporre mostre temporanee veramente interessanti, di autori famosi che hanno fatto la storia del fumetto. E questo denota il grande rispetto dei francesi verso il fumetto, considerato un'arte da tutti i punti di vista, a differenza di noi italiani che come sempre non valorizziamo a sufficienza il nostro patrimonio culturale.